Superati i mesi più duri della pandemia, la Regione, i Comuni capoluogo, la Città Metropolitana di Bologna, le Province, il mondo del lavoro, quello dell’impresa e delle professioni, le Camere di commercio, le banche, il terzo settore, le associazioni ambientaliste, gli atenei regionali e l’Ufficio scolastico regionale firmano un Patto. È il 14 dicembre del 2020 e il testo, facendo tesoro di quanto imparato dall’emergenza – per primi il valore inestimabile di una buona sanità, pubblica e per tutti, e la centralità della scuola nella vita di una società – delinea un nuovo progetto di rilancio e sviluppo per l’Emilia-Romagna. Progettare deriva dal latino e significa “gettare avanti”, dunque proiettare. Il Patto per il Lavoro e per il Clima – questo è il titolo del documento sottoscritto da 55 tra enti, istituzioni e associazioni – proietta l’Emilia-Romagna al 2030, stabilendo impegni e responsabilità rispetto a un percorso condiviso e comune.
Obiettivo è tenere insieme lo sviluppo del nostro territorio, a partire dalla qualità del lavoro e dalla transizione ecologica, generare sviluppo sostenibile nelle tre declinazioni inscindibili – ambientale, sociale ed economica – e contrastare le diseguaglianze, valorizzando tutte le potenzialità e gli spazi che le trasformazioni in corso possono offrire al territorio e alle nuove generazioni. Il Patto si fonda sulla qualità delle relazioni tra istituzioni, rappresentanze economiche e sociali, sul reciproco riconoscimento del ruolo che ciascuno dei soggetti firmatari svolge nella società, sulla condivisione di obiettivi strategici e la conseguente assunzione di responsabilità. Conferma e rilancia il metodo di partecipazione democratica e di progettazione condivisa avviato nel 2015 con la firma del Patto per il Lavoro, che in cinque anni ha permesso all’Emilia-Romagna di recuperare terreno rispetto alla lunga crisi apertasi nel 2008, posizionandola come Pil pro capite, valore aggiunto, tasso di disoccupazione ed export tra le regioni europee più avanzate.
Anche per l’Emilia colpita dal sisma sono stati anni di straordinario recupero. Alcuni numeri ci possono aiutare a raccontarlo. Gli anni dal 2015 al 2019 si caratterizzano per una ripresa dell’economia nazionale, con il Pil finalmente tornato ai livelli precedenti alla crisi del 2012. Per l’area colpita dal sisma il 2015 e il 2016 continuano invece a essere anni di minor crescita rispetto al resto della regione e del Paese, dinamica ampiamente compensata da un triennio successivo, 2017-2019, all’insegna della forte crescita. Un dato su tutti: a fine 2019 rispetto al 2011 il valore aggiunto dell’area colpita dal sisma è cresciuto del 6,5%, nel resto della regione del 2,7%, l’Italia è al +0,9%. Un altro dato emerge con forza: a distanza di dieci anni, oltre il 90% delle imprese lesionate e ristorate attraverso i contributi regionali risulta essere ancora attivo, la percentuale tra le imprese dello stesso territorio che non hanno subito danni (o che non hanno fatto ricorso ai contributi regionali) è attorno al 67%.
Nel resto della regione il tasso di sopravvivenza decennale è del 56%, in Italia del 50%. Oggi la ricchezza creata dall’area vale il 3,4% di quella nazionale, 2,4% se si esclude il comune di Bologna; in entrambi i casi si tratta di un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto ai valori pre-sisma. Il biomedicale – che citiamo come settore che è stato essenziale per contrastare la pandemia – dal 2011 al 2021 ha accresciuto il suo valore aggiunto del 30%, a fronte di un calo del 5% a livello nazionale. E ancora, il reddito per abitante, nettamente superiore a quello medio italiano, è cresciuto in misura maggiore e con una distribuzione meno sperequata rispetto al livello nazionale, indice di un elevato e diffuso benessere. A questi numeri si potrebbero aggiungere numerosi indicatori sulla qualità della vita, che racconterebbero un percorso di ricostruzione e crescita nel quale non è mai venuto meno l’elemento identitario del modello emiliano, la capacità di tenere insieme la sfera delle imprese e quella delle persone, lo sviluppo economico e la coesione sociale.
Il Patto per il Lavoro e per il Clima è lo strumento per definire insieme a tutte le componenti della società regionale gli obiettivi strategici verso cui orientare le risorse ordinarie e straordinarie di cui beneficerà l’Emilia-Romagna nei prossimi anni. Le scelte condivise sottoscrivendo il Patto, ognuna delle quali in piena coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030, hanno pertanto orientato l’intera filiera della programmazione regionale. E in particolare il Documento strategico regionale per la programmazione unitaria delle politiche europee di sviluppo 2021-2027 (Dsr), approvato dall’Assemblea legislativa regionale nel giugno 2021, che, favorendo una visione integrata della programmazione dei fondi europei e del Fondo sviluppo e coesione (Fsc) punta al raggiungimento di obiettivi comuni e a contrastare i divari territoriali. Due i Programmi regionali già approvati e inviati a Bruxelles: quelli del Fondo sociale europeo Plus 2021/2027 e quelli del Fondo europeo di sviluppo regionale 2021/2027, che ha il compito in particolare di rilanciare la competitività del sistema produttivo e la buona occupazione e sostenere la trasformazione innovativa del sistema regionale.
I due Programmi regionali, approvati a febbraio 2022, hanno una dotazione di risorse da 2 miliardi di euro per il periodo 2021-2027: 780 milioni di euro in più rispetto ai sette anni precedenti. Vanno poi aggiunti i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), opportunità irripetibile per il territorio regionale, che a oggi, prevedono investimenti per oltre 4,3 miliardi di euro. Risorse decisive anche per l’Emilia colpita 10 anni fa dal terremoto in cui, oltre a portare a termine la ricostruzione nella parte pubblica, occorre puntare ancora più decisamente sulla qualità e attrattività economica e sociale dei centri urbani. E dunque, promuovere la crescita di nuove reti di cooperazione e la rifunzionalizzazione dei contenitori urbani restaurati, creando spazi – commerciali, culturali, di servizi – che facilitino la crescita di attività di valore economico e sociale fondate sulla creatività, sull’innovazione d’impresa, la qualità di un paesaggio rurale unico nel suo genere – anche attraverso l’importante rete idraulica per la sicurezza ambientale della bonifica – e sulle infrastrutture di connessione.
La guerra in Ucraina sta causando immani sofferenze. E ha un impatto forte sull’economia, che nel 2021, dopo la contrazione del 2020 causata dall’impatto dell’emergenza sanitaria, era ripartita con forza: l’Emilia-Romagna aveva registrato una crescita del Pil del 7,3%, l’area dell’Emilia colpita dal sisma aveva sfiorato il 7%.Per il 2022 era atteso il ritorno del Pil ai livelli pre- pandemia, ma il conflitto avviato dalla Russia ha dimezzato le previsioni di crescita gettando nuovamente l’economia mondiale in uno scenario di attesa e incertezza. La grave crisi internazionale, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, richiedono l’impegno di tutti. Il Governo, le imprese, i sindacati a livello nazionale tornano a parlare della necessità di un nuovo Patto sociale. Questa regione offre la propria esperienza al Paese. Nessun modello, né esempi da seguire, ma un’esperienza concreta, basata in primo luogo sulla coesione della comunità regionale. Elementi evidenti nei 10 anni di ricostruzione di un’Emilia, terremotata, che ha dato prova di saper reagire, di essere solidale, di contrapporsi al pericolo, alla paura e agli infiniti disagi. L’esperienza del presente dipende largamente dalla conoscenza del passato, ma ricordare è sempre operazione complessa. La memoria è frutto di selezione, è ciò che resta dopo l’oblio.
Le donne e gli uomini delle istituzioni, del mondo dell’impresa, del lavoro, delle professioni, dell’associazionismo, del volontariato, insieme a tutte le cittadine e i cittadini protagonisti di questa storia collettiva sono molto più numerosi di quanto si possa testimoniare. Nessun resoconto può restituirne l’impegno e i vissuti. Anche questo resoconto non può che essere parziale, nonostante l’obiettivo che si pone sia esattamente il contrario: riconoscere a tutte e tutti il valore della loro intelligenza, così emiliana, del loro darsi da fare e del senso di appartenenza a una collettività. Nelle pagine precedenti più volte questa storia è stata definita come un’avventura. Nel settembre del 2012 un importante editore ha pubblicato un libro che raccoglie parole per l’Emilia di scrittori, intellettuali, giornalisti, artisti, poeti, cantanti e comici. Il titolo del volume è quello del contributo del poeta Roberto Roversi, scomparso il 14 settembre 2012, che scrive: “L’unica vera vittoria sulla tragedia del terremoto sarebbe quella che riconsegnasse alla gente la convinzione culturale, morale del mondo in cui si vuole vivere”. Dobbiamo trovare il coraggio di difenderci dal presente – aggiunge Roversi – “Alzando da terra il sole”. Il volume contiene anche un racconto di Gianni Celati, morto nei primi mesi di questo decennale. Celati, insieme a Luigi Ghirri, di cui ricorre quest’anno il trentennale della morte, ha contribuito a costruire l’immaginario poetico di questi luoghi. Il suo racconto è intitolato “L’avventura non deve finire”. Parole che facciamo nostre. Perché l’avventura vissuta qui possa plasmare il nostro modo di guardare al mondo in cui vogliamo vivere e al futuro, che è più forte di ogni emergenza.