Nei comuni del cratere all’indomani delle scosse si contano 22 centri divenuti zone rosse, 72 palazzi municipali, 33 teatri e ben 754 edifici pubblici inagibili. Mentre si lavora ai Piani della ricostruzione e ai Piani organici si punta a riaprire appena possibile le vie del centro e a rivedere progressivamente i perimetri delle zone rosse, per ridurle alle sole parti più lesionate e vulnerabili. Si cerca di riportare la cittadinanza in sicurezza nelle aree agibili e si sfruttano tutte le occasioni – sia le ricorrenze civili, sia quelle religiose – per tornare a rianimare le vie principali ormai sicure con la fiera o la festa di paese.
Conclusa la prima fase – quella delle opere provvisionali di primo intervento (demolizioni, puntellamenti, messa in opera di tiranti metallici, transennamenti, eccetera) occorre accelerare la ricostruzione privata, anch’essa complessa, a causa dell’eterogeneità delle casistiche e delle tipologie di immobili presenti nei centri storici. L’obiettivo condiviso dalla struttura commissariale e dai Comuni è ormai chiaro a tutti: evitare lo spopolamento dei centri più colpiti. A questo scopo si interviene programmando la gradualità degli interventi di riparazione e recupero, a cominciare da quelli eseguibili con maggiore rapidità, in modo da agevolare il rientro dei cittadini nelle abitazioni. A seguire, si pianificano le operazioni di ricostruzione più complesse per entità dei danni e perché legate a progettazioni di ampia portata, tra cui quelle rientranti nei Piani della ricostruzione o ricomprese in unità minime di intervento (Umi).
Una ricostruzione inevitabilmente più complessa e di ampia portata, con l’obiettivo di contrastare lo spopolamento dei piccoli centri urbani.
Queste ultime vengono istituite dalla Regione con la legge n. 16/2012 e successivamente regolate dal Commissario con un’ordinanza, la n. 60 del 2013, che si rende necessaria per assicurare una progettazione unitaria a edifici composti da più unità immobiliari o da aggregati urbani strutturalmente collegati e integrati tra loro. Una volta definite le regole, sono erogate ai Comuni le risorse per le attività di perimetrazione delle Umi e la redazione dei Piani della ricostruzione.
Ogni ordinanza commissariale è stata il frutto del confronto con i Comuni, gli ordini professionali e le associazioni di categoria, interpreti delle diverse necessità della comunità. Un confronto quotidiano e incessante teso anche a modificare e migliorare via via le decisioni assunte per rispondere concretamente alle esigenze, anch’esse in divenire, del territorio. Questo metodo ha interessato anche le ordinanze relative alla ricostruzione abitativa e dei centri storici e ha consentito, da un lato, di monitorare sul campo l’efficacia dei provvedimenti, dall’altro, di apportare i correttivi per perfezionare l’azione amministrativa, tenendo fede all’obiettivo primario.
I municipi svolgono funzioni vitali per le comunità, ancor più in situazioni di calamità. La ricollocazione degli uffici comunali dalle sedi storiche danneggiate ad altre agibili o a strutture temporanee è tra le prime azioni realizzate nella fase di emergenza. Si tratta di una priorità tra le priorità, per superare gli allestimenti degli uffici di emergenza dei primi giorni e trovare una nuova casa per le funzioni pubbliche. Viene quindi messo a punto il Programma operativo municipi, si individuano le aree per i prefabbricati e si procede con le gare pubbliche.La spesa per questa voce è di circa 50,5 milioni di euro. A seconda del tempo previsto per il ripristino dei municipi, i piani esecutivi prevedono anche interventi di realizzazione di municipi temporanei per nove Comuni (costo 32,5 milioni di euro) e di prefabbricati modulari municipali per altri tre Comuni (costo 0,7 milioni di euro).
Lanciato nell’agosto del 2012 e rimodulato l’anno successivo, con l’ordinanza n. 18 del 2013,
il Programma municipi prevede la realizzazione dei seguenti interventi:
A tre anni dal sisma, nei centri si colgono un po’ ovunque i segnali del ritorno alla vita. Tra le impalcature, i puntellamenti e i cantieri al lavoro, iniziano a vedersi persiane spalancate e diversi negozi aperti. Non solo insegne storiche, ma anche nuove attività: c’è chi fa la pasta fresca; chi ha riportato la libreria nel centro storico e, tra gli scaffali, offre anche il caffè; chi ha aperto un atelier di maglia e ricamo; chi una gastronomia gourmet alla francese. Specie nei week end, nelle vie del centro si allungano le distese di sedie e tavolini di bar vecchi e nuovi. Per gli abitanti del cratere in attesa del ripristino dello spazio pubblico e dei luoghi della socialità, è un segno di resilienza che infonde molta energia. Per le istituzioni è il risultato di un lungo lavoro amministrativo – fatto di provvedimenti spesso invisibili ai più – alla ricerca di soluzioni negoziate e messe a punto con una pluralità di attori, al fine di rianimare la città pubblica. Nel 2015, infatti, con il duplice scopo di rivitalizzare i centri storici da poco riaperti e di supportare la ripresa economica, vengono istituite in venti comuni del cratere le zone franche urbane: aree centrali, pensate per offrire agli esercenti e ai titolari di piccole attività agevolazioni fiscali per incoraggiare il rilancio. Si tratta in particolare di esenzioni delle imposte sui redditi, Irap e municipali. Le risorse messe a disposizione per il periodo 2015-2016 ammontano a 39,2 milioni di euro, stimabili in un’agevolazione media per micro impresa di circa 22 mila euro. L’iniziativa delle zone franche – così come altre a seguire – ha dato i suoi frutti.
Per dare ulteriore slancio alla ricostruzione e ampliare lo spettro di azione delle politiche per la rinascita dei centri urbani, nel 2019 vengono introdotte specifiche misure per i Comuni del cratere ristretto, con l’obiettivo di agevolare processi di insediamento, riqualificazione e ammodernamento delle attività di impresa, profit e non profit, con una dotazione iniziale di 35 milioni di euro. L’elevato interesse generato sul territorio dall’iniziativa porta a incrementare progressivamente il plafond a disposizione, fino a oltre 58 milioni di euro. Con le sei call del bando per la rivitalizzazione dei centri storici (2019, 2020 e 2021) sono stati finanziati 955 progetti per un importo di oltre 53 milioni di euro di contributi, a fronte di interventi per un valore di circa 79 milioni di euro. Dei 955 progetti sono 763 quelli che risultano conclusi (l’80% dei progetti finanziati), mentre sono 663 (pari al 70% del totale dei progetti finanziati) quelli che hanno già ricevuto la liquidazione del contributo. Grazie alle economie di spesa generate, nel 2022 è previsto un nuovo bando che avrà una dotazione di risorse pari a 5 milioni di euro.
I centri urbani, nella ricostruzione emiliana, sono catalizzatori di politiche volte a far emergere nuove funzionalità e ampliare l’offerta culturale, riqualificando lo spazio pubblico per valorizzare al meglio il capitale sociale territoriale. Politiche riconducibili, in estrema sintesi, a sei tipologie di azione:
Per la rigenerazione dei centri storici e dell’intero territorio colpito dal sisma è stato disegnato un impianto normativo ambizioso, che va ben oltre la riparazione e qualificazione antisismica ed energetica. Il Commissario e le istituzioni locali hanno puntato all’innalzamento complessivo della qualità̀ urbana, per rafforzare l’identità̀ dei territori e migliorare le opportunità per i cittadini, anche attraverso la valorizzazione dello spazio pubblico. È il caso di Concordia sulla Secchia, a cui si aggiungono altre esperienze di rilievo come quella di Cavezzo, dove le aule dell’istituto scolastico ristrutturato ora ospitano gli uffici comunali, analogamente a quanto è accaduto nel Comune di Terre del Reno. Ma c’è anche il caso di Pieve di Cento, dove, proprio a partire dalla ristrutturazione di un edificio scolastico risalente ai primi decenni del Novecento, si è sviluppato un progetto di rifunzionalizzazione per la creazione di un nuovo parco culturale.
Agli interventi pubblici e privati sugli edifici danneggiati dei centri storici si aggiungono quelli promossi dalla Regione per riqualificare la cosiddetta “città pubblica”. Si tratta di spazi e infrastrutture degradati dopo il sisma, che richiedono un intervento di miglioramento funzionale e architettonico per accompagnare il recupero degli edifici, in particolare nei Comuni che hanno subito i danni più gravi. Nel 2015, attraverso il Programma speciale d’area, vengono sostenuti 25 interventi per un totale di 18 milioni di euro, ripartiti tra 24 Comuni (23 dopo la fusione tra Mirabello e Sant’Agostino in Terre del Reno). Nel 2019 un nuovo provvedimento, l’ordinanza n. 10, stanzia ulteriori 30 milioni di euro, per finanziare opere di urbanizzazione primaria complementari. A oggi ne sono stati assegnati circa 25 milioni, per 18 comuni. La “rifunzionalizzazione” dei centri urbani non può che essere un work in progress, un continuum di progetti e di azioni per rimodellare una città che, se viva e vitale, è necessariamente in continua trasformazione. La ricostruzione offre l’occasione per dare il via a questi processi, di cui in alcuni contesti si vedono i primi risultati.
Un nuovo complesso culturale ha preso vita a Pieve di Cento, dove lo storico edificio delle scuole elementari – danneggiato dal sisma – ha cambiato funzione per divenire il fulcro di un progetto di rigenerazione urbana, destinato a ridisegnare la mappa della città. Lo stabile, tutelato dalla Soprintendenza, è stato oggetto di una profonda ristrutturazione che ne ha migliorato le prestazioni energetiche e antisismiche, preparandolo alla sua nuova vita di contenitore culturale. Inaugurato nel 2021, oggi ospita la pinacoteca, una biblioteca, vari laboratori, una caffetteria e un auditorium da 100 posti. Il progetto – co-finanziato mediante fondi regionali, assicurativi e del Comune – si inserisce in un più ampio processo di riqualificazione urbana, che vedrà lo sviluppo del nuovo Quartiere delle arti: un parco culturale di oltre 17 mila mq dedicati alla cultura, alla conoscenza e all’apprendimento, che si snoda dal Museo Magi alla Casa della musica, passando per il nuovo polo dell’infanzia, Porta Bologna e il Museo delle storie custodito nella Rocca.
Grazie a una progettazione partecipata tra cittadinanza e amministrazione, Palazzo Sartoretti – edificio storico nel centro di Reggiolo, danneggiato dal sisma – è oggi divenuto sede del nuovo municipio, oltre a ospitare la Biblioteca comunale e la Pinacoteca civica. Un intervento che restituisce alla cittadinanza non solo un bene di prestigio, ma anche un luogo simbolo della comunità locale, grazie alla creazione di spazi culturali e amministrativi destinati ad assumere il proprio posto di rilevo nel tessuto cittadino. Il progetto è stato realizzato con un finanziamento di oltre 8 milioni euro, di cui 5,7 milioni messi a disposizione della struttura commissariale e i restanti dal Comune di Reggiolo.