Quando all’indomani del sisma viene dichiarato lo stato di emergenza in Emilia, sono trascorsi appena sei giorni dall’entrata in vigore del decreto legge che dispone il riordino della Protezione civile. Malgrado il Paese abbia maturato nel tempo numerose e variegate esperienze di gestione della ricostruzione post-calamità, non c’è ancora un quadro normativo di riferimento e tantomeno una strategia nazionale. Il Presidente della Regione, in qualità di Commissario delegato, si trova quindi a gestire lo stato di emergenza tracciando la propria strategia giorno dopo giorno, un po’ seguendo i solchi dei pochi strumenti amministrativi a disposizione, un po’ aprendone di nuovi, facendo tesoro delle esperienze – ma anche delle competenze – maturate da altri in contesti di pari proporzioni.
Si comincia ripercorrendo le esperienze delle ricostruzioni più recenti e fin dall’inizio si mettono a fuoco quattro linee guida.
Nella scuola, nel lavoro e nella gestione dei beni comuni, gli emiliano-romagnoli sono abituati a partecipare alle scelte, con aspettative nei confronti dei soggetti pubblici sempre piuttosto elevate. E se questo accade in condizioni ordinarie, figuriamoci in quelle straordinarie. Non stupisce, quindi, che nella gestione post-sisma in Emilia si mette a punto un modello di governance senza precedenti per il Paese, che vale la pena ripercorrere almeno nei passaggi salienti.
Il 22 maggio 2012 il Consiglio dei ministri delibera lo Stato di emergenza e l’allora capo del dipartimento della Protezione civile appena riordinata, Franco Gabrielli, emette la prima ordinanza con la consapevolezza che si apre un nuovo corso dove il servizio nazionale avrà in carico l’emergenza solo per i primi 30 giorni.
È un cambio di paradigma quello che si prepara: si passa da un modello di Protezione civile incardinato nel governo centrale a uno nuovo fondato sulla delega. Il 7 giugno il Governo vara il d.l. 74/2012 che nomina i presidenti delle tre Regioni coinvolte (oltre all’Emilia-Romagna, anche Lombardia e Veneto) Commissari delegati per la ricostruzione e fissa il termine del 2 agosto 2012 per il passaggio di consegne dalla Protezione civile nazionale ai vertici delle istituzioni regionali. Il presidente della Regione Emilia-Romagna, che all’epoca era Vasco Errani, in veste di Commissario delegato sceglie di dotarsi di una struttura tecnica composta da personalità accomunate dall’esperienza maturata sul campo: donne e uomini che avevano già prestato le loro competenze nelle regioni colpite da grandi eventi sismici come l’Umbria e l’Abruzzo. Ha inizio così un’avventura amministrativa che ha lasciato il segno non solo in chi l’ha intrapresa.
Concertazione è sempre la parola guida. Il primo atto del Commissario è la costituzione del Comitato istituzionale e di indirizzo composto dai sindaci dei Comuni del cratere e dai quattro presidenti di Provincia. Una sorta di “parlamento della ricostruzione”, che si riunisce con periodicità almeno settimanale, per programmare le attività e per condividere indirizzi e scelte in materia di transizione e ricostruzione. Il Comitato diventa subito il cuore del modello di governance emiliano: le questioni di rilievo confluiscono tutte qui, da dove escono in forma di decisioni. Lo stesso modello si riproduce nel territorio, con la convocazione da parte di ciascun sindaco delle rappresentanze locali della società civile – formale e informale – per coinvolgere, consultare e condividere le scelte più importanti con i cittadini. In gergo tecnico-amministrativo è la cosiddetta “concertazione con il sistema delle autonomie locali”, assunta come metodo di lavoro nazionale con l’approvazione del d.l. 74/2012 già citato (poi convertito in legge 122/2012) per corresponsabilizzare i vari livelli di governo al fine di assumere decisioni e di operare sul territorio con le modalità più efficaci. Va in questa direzione la disposizione che prevede per il Commissario la possibilità di delegare direttamente alcune funzioni ai sindaci e ai presidenti di Provincia. E il quadro normativo continua a comporsi.
Altro principio ispiratore è la valorizzazione delle competenze. Per esempio, la gestione delle macerie viene gestita dall’assessorato all’Ambiente della Regione, il censimento dei beni vincolati è affidato agli uffici del Ministero dei Beni culturali (oggi Mibact), le opere provvisionali sono gestite dai Vigili del fuoco, eccetera. Un laboratorio a cielo aperto, dove si pratica una sussidiarietà reale, che coinvolge le persone che servono realmente, ovvero “chi sa fare” e semplicemente perché “lo sa fare”, e non importa che si vada ad attingere a un bacino di professionalità locali o nazionali.
La partecipazione dell’intera filiera istituzionale ha consentito di costruire in pochi mesi, in stretta relazione con il Governo e con il Parlamento, un quadro legislativo e finanziario innovativo, in grado di affrontare la complessa fase della ricostruzione.
Gli attori coinvolti sono tantissimi, alcuni hanno poteri decisionali, altri compiti di indirizzo e monitoraggio e altri ancora di supporto tecnico-operativo. Per quest’ultimo ambito, per esempio, viene coinvolta Fintecna, società della Cassa depositi e prestiti con il compito di supportare sul fronte tecnico le procedure di gara relative ai lavori e i successivi controlli e collaudi. E ancora, sempre dal livello nazionale si porta a bordo Invitalia, agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti, perché si occupi delle procedure inerenti il ristoro dei danni alle attività produttive. Alle forze in campo si uniscono tanti dipendenti della Regione, che vengono chiamati a raccolta su base volontaria per implementare la struttura organizzativa a supporto del Commissario, portando competenze, esperienze e conoscenze in campo tecnico, amministrativo o giuridico. La necessità è quella di scrivere ordinanze e provvedimenti normativi, di gestire le procedure di gara, di coordinare l’attività dei Comuni, di ascoltare i bisogni del territorio e dei cittadini. Si va via via implementando una macchina organizzativa estremamente complessa: una molteplicità di soggetti, istituzionali e non, che si avvicendano, collaborano o agiscono parallelamente. Una grande palestra che fa crescere nuove competenze e conoscenze.
L’attore principale della gestione dell’emergenza è il Commissario – ovvero il presidente della Regione – il cui strumento di azione privilegiato è l’ordinanza. Se si scorrono i titoli dei provvedimenti adottati, si comprende l’ordine di priorità e di azione stabilito dal Comitato istituzionale: le prime ordinanze riguardano le scuole (luglio 2012), le opere provvisionali, la sistemazione alloggiativa, gli edifici temporanei da destinare a servizi pubblici e luoghi di aggregazione (municipi, chiese, palestre, auditorium, eccetera) e la ricostruzione privata leggera (agosto 2012); a seguire, le imprese, la ricostruzione privata più pesante (ottobre 2012), le chiese (dicembre 2012) e infine le opere pubbliche e i beni culturali (settembre 2013).
Per semplificare e velocizzare i processi, la struttura commissariale diventa stazione appaltante e investe i primi 400 milioni di euro per garantire l’essenziale a dare stabilità: scuole in grado di accogliere gli alunni alla riapertura dell’anno, luoghi di aggregazione e di culto per restituire a ogni comunità almeno in parte lo spazio sociale (ma anche spirituale) temporaneamente perduto. È un fatto che, nonostante la facoltà di ricorrere alle deroghe assegnate alla struttura commissariale, in Emilia si sceglie di privilegiare le procedure di gara ordinarie, riducendo al minimo quelle straordinarie e limitandone l’impiego alle necessità legate a tempi incomprimibili. In sostanza, si punta a intervenire con rapidità, ma senza abbassare l’attenzione su legalità e trasparenza.
Sul piano dell’innovazione amministrativa decisiva è l’intesa siglata il 17 dicembre 2012 con Cassa depositi e prestiti (Cdp) e con l’Associazione bancaria italiana (Abi), che permette di sperimentare con successo un nuovo sistema di erogazione delle risorse messo a punto dalla struttura commissariale, che farà da apripista nel Paese. Si tratta del sistema del “credito d’imposta”, da cui scaturisce quel filone di interventi che tutti gli italiani, in seguito, conosceranno come ecobonus per il risparmio energetico, provvedimento per le facciate, bonus 110%, eccetera; un meccanismo utilizzato in nuce già nel terremoto dell’Aquila, ma solo per chi avesse redditi da detrarre. Invece in Emilia lo si introduce in forma universalistica, per tutte le categorie di beneficiari, con l’obiettivo di creare rapidamente le condizioni utili per favorire da subito la ricostruzione. Il Commissario Errani propone quindi al Governo un meccanismo di erogazione dei contributi a fondo perduto per gli immobili danneggiati che mette d’accordo tutti, perché più efficace e più conveniente.
Il presupposto è che la richiesta della somma sia pari al 100% del valore del danno subito, come per i casi pregressi, ma con l’aggiunta delle risorse necessarie per l’adeguamento alle norme antisismiche e il raggiungimento di moderni requisiti energetici. Non si tratta solo di “riparare”, ma anche di “riqualificare” e rendere più sicuri gli immobili. Per accelerare e rendere trasparenti i processi, vengono utilizzate due piattaforme telematiche per la gestione documentale: Mude per la ricostruzione delle abitazioni, Sfinge per quella delle imprese. In entrambi i casi, l’erogazione del contributo concesso e rendicontato avviene attraverso un conto dedicato aperto dal beneficiario presso una delle banche convenzionate che, a loro volta, tratterranno gli importi anticipati per conto dello Stato dalle proprie imposte, sulla base di un piano pluriennale concordato con il Ministero del Tesoro. In questo modo, rendendo compatibili gli obiettivi di tutti i soggetti in campo, la ricostruzione diventa non solo fattibile in tempi più brevi, ma anche più trasparente e più conveniente per tutti: per il cittadino, che riavrà il proprio bene riqualificato senza esborsi e senza ricorrere a rimborsi; per la ditta incaricata, che potrà contare sul pagamento certo e diretto della banca convenzionata (senza passare attraverso il committente); per la banca, che svolgerà la propria funzione di sostegno all’economia del territorio senza rischi e rivalendosi sull’erario; per lo Stato, che potrà contare sul rilancio di un territorio vitale e decisivo per la competitività dell’intero Paese. Un iter trasparente, tracciabile e funzionale alle garanzie di legalità, che ottiene in tempi record il placet preventivo dell’Unione europea e diviene legge dello Stato con il decreto Spending review del 2012.
Le norme della ricostruzione hanno imposto il rispetto di regole sismiche ed energetiche, restituendo immobili di maggiore qualità e valore.
Priorità̀ viene assegnata al lavoro e alle imprese che finiscono con l’assorbire stabilmente una parte molto consistente dell’attenzione istituzionale, con l’obiettivo di mantenere elevato il livello di competitività e produttività. Si lavora un po’ in tutte le direzioni, sia con i provvedimenti per regolare i finanziamenti per il ripristino e la ripresa delle attività economiche, sia mettendo insieme una dotazione di risorse di proporzioni adeguate alle necessità di rilancio. L’investimento della Regione Emilia-Romagna è cospicuo e attinge sia ai fondi strutturali europei propri reindirizzandone la destinazione (Fesr, Fondo europeo di sviluppo regionale, uno dei principali strumenti finanziari della politica di coesione dell’Ue), sia al contributo di solidarietà delle altre regioni. Le risorse vengono indirizzate alla ripresa, alla riqualificazione e alla rivitalizzazione del territorio. Una strategia che contribuisce fortemente a trattenere le imprese in Emilia, in un momento in cui la tentazione di abbandonare il terreno – anche per effetto della crisi economica – avrebbe potuto farsi largo. Le aziende, tra cui anche diverse multinazionali, trovano invece le condizioni per restare e investire sul futuro.
Tra i primi atti del Commissario, anche il protocollo d’intesa per la legalità siglato con un lungo elenco di soggetti istituzionali e di rappresentanza che prevede, tra le altre misure, l’obbligo di iscrizione alle white-list per le imprese impegnate nella ricostruzione, ma anche l’aggiornamento del prezziario regionale delle opere e l’istituzione dell’elenco di merito delle imprese. Una prassi che si è consolidata nel tempo anche al di fuori del cratere, tanto che nel 2016, con l’entrata in vigore del Codice degli appalti, è stato riconosciuto all’Emilia-Romagna ancora una volta il ruolo di apripista. Nella ricostruzione emiliana vengono messe in campo parecchie energie anche per elevare ulteriormente i livelli di trasparenza nei confronti dei cittadini. Tra i vari strumenti sono da segnalare alcune piattaforme: Durer, per scaricare una reportistica periodica sulla ricostruzione; Miric, un geo-database creato per l’analisi territoriale degli interventi e degli strumenti di pianificazione post-sisma; Open Ricostruzione, che consente a cittadini, imprese e professionisti di conoscere gli stati di avanzamento e di ricercare i singoli interventi, nonché di visualizzare donazioni e donatori associati alle opere. Tali piattaforme sono state messe a disposizione di un apposito gruppo interforze (Girer) per esigenze investigative e per la dovuta azione di contrasto alla criminalità. Un’esperienza che ha aperto nel Paese un nuovo corso, migliorando la fiducia nei confronti delle istituzioni, dopo le ombre che nel passato avevano accompagnato la cronaca nazionale delle emergenze.